ParaNorman

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    Norman è un bambino introverso e appassionato di horror che fatica a fare amicizie, in questo di certo non lo aiuta il fatto di essere l'unico del suo paese a vedere i fantasmi.
    Tutti i trapassati che hanno ancora questioni irrisolte sulla Terra gli appaiono e gli parlano, costantemente, nonna inclusa. In più da qualche tempo è preda di visioni che sembrano catapultarlo nel passato. Per questo motivo gli altri lo credono un po' scemo, nonostante il piccolo paese in cui vive secoli prima sia stato teatro di diversi roghi di streghe e ancora se ne vanta come fosse un'attrazione turistica.
    Tutto cambierà quando un suo zio ritenuto matto gli comunicherà poco prima di morire che ora tocca a lui tenere lontani, ogni anno, i morti viventi e la maledizione di una delle streghe bruciate secoli prima.
    Come accade per i grandi capolavori, nei primi minuti di racconto di ParaNorman c'è già tutto il senso di quel che verrà. Norman è intento a guardare un filmaccio horror di serie B all'italiana in tv (la cui fotografia sarà il punto di riferimento visivo del film) mentre la nonna (fantasma) sostiene che "è inutile che urlino e scappino quando basterebbe parlare, ma del resto se parlassero sarebbe un altro genere di film". Allo stesso modo non è altro genere se non un horror (comico) anche ParaNorman, cartone in stop motion che sa essere parte del cinema nel senso più ampio del termine e non della sola categoria dell'animazione. Anche in ParaNorman non si parla con i morti viventi ma si corre da e verso di loro per tutti i 92 minuti indiavolati in cui Chris Butler racconta la sua storia con una tempra morale di ferro, passione per i luoghi comuni dell'horror e capacità di mostrare con una sola battuta il ridicolo che si cela dietro ogni figura. La soluzione sarà tutta nelle parole ma non potrà che arrivare alla fine, altrimenti sarebbe un altro genere di film.
    Con un equilibrio mostruosamente perfetto tra tradizione e modernità, tra titolistica anni '50, Mario Bava (nella prima parte) e l'horror giapponese (nella seconda), ParaNorman si rivolge ai bambini amanti dello spavento e li tratta come veri adulti, facendoli ridere delle assurdità del mondo che li circonda (adulti, genitori e bulli) ed eccitare con l'esplorazione delle immagini e situazioni più spaventose.
    Sebbene in scala ridotta e per spettatori più piccoli ParaNorman fa quello che è il lavoro dell'horror: indagare le fobie del suo pubblico per sovvertire l'ordine che solitamente regna nel cinema o nelle storie edificanti. Butler infatti riesce nell'impresa di tradurre per l'immaginario di un bambino e rendere coerente in una commedia animata, alcuni dei più grandi momenti del cinema horror, senza cedere nemmeno un passo di fronte alla loro potenza. Il tormento delle visioni, le apparizioni nei bagni della scuola, la visita nella casa piena di scheletri e il confronto con lo spirito sono tutte sequenze serissime di un film capace di deridere tutto e tutti per mostrare che un altro mondo è possibile. L'eroe è un outsider che scopre come l'origine della paura di tutti quanti sia un'altra "diversa" come lui, mentre cheerleader, genitori o atleti di football si dimostrano capaci di prendere le decisioni peggiori perchè, al contrario di Norman, sono preda della paura ma non della volontà di capire.
    A capo di questo gioiello di cinema e di racconto animato l'esordiente Chris Butler fa la figura del maestro. Già storyboard artist per Henry Selick (il genio dietro Nightmare before Christmas, La sposa cadavere e Coraline) Butler dimostra oltre ogni ragionevole dubbio di aver imparato dal maestro, oltre all'arte dell'animazione stop motion, anche le possibilità espressive legate all'esplorazione dell'universo della paura infantile.

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